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Giancarlo Vitali
Cartella clinica

No!
non ho chiesto io d’andare in ospedale,
mi ci sono trovato. Considerando l’età, qualche smagliatura
qua e là è cosa normale. Ti dicono. Si fa qualche esame
niente di straordinario. Prendila sportivamente. E così sia.
Si dia inizio ai giochi.

Accoglienza squisita, quasi eccessiva, mi torna difficile capire
l’esagerato senso d’ospitalità soprattutto dei medici,
di una signorile generosità.

Uno ti offre (facciamo due pastiglie?)
l’altro, quasi ad accusare di pignoleria il collega,
te ne porge quattro. Fantastico.

Dopo una settimana, se stai al gioco,arrivi tranquillamente
ad una dozzina di pillole giornaliere.
Una vera manna.

Senza contare l’entusiastica adesione “ai giochi” delle premurose
infermiere. Una ti buca amorevolmente la pancia,
decorandola “a pois” color mirtillo e fragola,
l’altra ti lascia una sorta di “tatuaggio-ricordo” su braccia e natiche.
Simpaticissime.
Insomma,festeggiamenti tali che in verità non t’aspettavi.

Poi, in un crescendo d’entusiasmo arrivano sorprese, pacchi dono.
Tutti d’accordo quelli delle pillole, ti ritengono meritevole
di una promozione e vieni presentato a importanti loro colleghi.

Ti ricevono addirittura con l’argenteria in mano
e in tuo onore organizzano dei numeri di straordinaria abilità,
esibendosi quali “prestidigitatori”.
Prima ti squartano, poi magicamente ti rincollano.
Incredibile.

Solo quando la colla ha fatto presa e lentamente torni alla realtà reale
cominci a porti qualche domanda. Ma perché?
Possibile che uno sia così fortunato?
Che tutto sia stato dato senza che tu l'abbia chiesto?
Come potrai ricambiare?

Poi, con il tempo ti nasce un dubbio. Vago.
Tutto questo sarà avvenuto solo per offrirmi l’occasione
a produrre il materiale adatto, affinché
il dottor Zoli potesse propormi una mostra?
E guarda caso, proprio nel luogo dove tutto è nato.

Se così fosse, sarei “quasi contento” d’aver partecipato
in prima persona a questa pantomima.

A patto però, che non si ripeta.

All’Ospedale “Manzoni”
A quello di San Donato oltre all’Umberto I di Bellano,
che con generosa disponibilità
hanno concesso i loro spazi a questa recita.

Ai medici e agli infermieri, al mio medico curante,
ai primi attori e alle comparse tutte,

agli amici che mi hanno portato le arance
sapendo bene che avrei preferito altro,

ai miei famigliari

volentieri
dedico questa mostra.

Giancarlo Vitali nasce a Bellano, sul Lago di Como, in una famiglia di pescatori il 29 novembre 1929. Inizia a dipingere a quindici anni, dopo un periodo di lavoro all’Istituto d’Arti grafiche di Bergamo.
Espone la sua prima opera all’Angelicum di Milano nel 1947 in occasione della Biennale d’Arte Sacra.
1949, partecipa alla stessa Biennale con due opere, Visitazione e Cena in Emmaus e riceve calorosiapprezzamenti da Carlo Carrà. Rinuncia alla borsa di studio all’accademia di Brera vista l’impossibilità da parte della famiglia di mantenerlo a Milano. Per Vitali pittore si apre a questo punto una lunga parentesi di silenzio.
Inizia l’attività d’incisore nel 1981 su sollecitazione del figlio Velasco, anch’egli pittore.
È il 1983 quando Giovanni Testori avendo visto per caso la riproduzione di un coniglio squartato, gli fa visita. Nasce da questo incontro un rapporto di reciproca stima che si trasforma presto in una grande amicizia. L’anno successivo Testori gli dedica un articolo sulla terza pagina del “Corriere della Sera” e organizza a Milano quella che si può considerare la prima personale. Da quel momento espone in molte sedi pubbliche e private, pubblica numerosi cataloghi e cartelle di incisione.
Alla fine degli anni Ottanta, esegue alcune opere pubbliche e tra queste, i ritratti di benefattori dell’Ospedale Maggiore di Milano per la quadreria della Ca’ Granda.
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